Dal Blog di Marzio Nolli - 27 LUGLIO 2011
" Si trattava di uno degli ultimi libri della Fallaci, quella serie ossessiva di libri disinformati e razzisti che scrisse dopo l'attentato delle torri gemelle. Dai tempi di Aristotele la logica ha un suo perché, delle sue regole che ci consentano di validare un ragionamento oppure di bollarlo come fasullo. Un ragionamento parte sempre da un'ipotesi, un'osservazione. Qualunque ragionamento corretto basato su ipotesi campate per aria porta a conseguenze altrettanto bislacche. Il punto dipartenza è che esista un problema di coesistenza nella società multietnica. Non c'è abitante del nord Italia della mia età che non ricordi la diffidenza - se non l'ostilità - verso i meridionali negli anni 60 o 70. Oggi è una cosa che oramai fa sorridere nella caricatura offerta da Aldo Giovanni e Giacomo. In realtà l'ostilità verso lo straniero….Essendo una forza istintuale è molto efficace come leva demagogica: per questo ritengo doveroso gettare il libro della Fallaci. Intelligenza usata in modo malvagio. La peggiore."
Non so quale sia esattamente il libro della Fallaci che tu hai gettato, probabilmente uno o tutti quelli della “trilogia” scritta dopo l’11 settembre. Il tuo gesto non poi dissimile da altri identici compiuti nel tempo da personaggi svariati e con divise di diverso colore addosso. Non mi piace.
I nazisti accendevano roghi per bruciare i testi che non collimavano con le tesi della razza, la santa Inquisizione più sbrigativamente bruciava sui roghi libro, autore…e lettori. Nei paesi islamici esiste bene o male un SOLO LIBRO ammesso e letto come testo unico nelle scuole: il Corano. Non è la prima volta che uno scrittore viene messo all’indice e per quanto mi riguarda lo trovo vergognoso comunque: l’Islam ha colpe e pregiudizi pesantissimi, gravi almeno quanto quelli dell’Occidente. Ricordi un film di circa 30 anni fa? Si chiamava Fareinheit 451…i libri, tutti, erano stati bruciati dal nuovo ordine mondiale perché erano fonte di contagio intellettuale. I ribelli per contrastare questo disegno avevano imparato a memoria un libro diverso ciascuno. Vogliamo poi ricordare l’atteggiamento del mondo sovietico negli anni 50 – 60 nei confronti dei dissidenti e della loro opera letteraria? Per logica aristotelica, osservando il mondo che ho conosciuto
(anche qui al sud dove l’Islam è gomito a gomito con la mia cultura) devo dirti che nella coesistenza di una società multietnica i problemi esistono e sono legati fondamentalmente alla poca chiarezza e alla sudditanza psicologica o “maliziosa” sui cardini del vivere sociale e civile in un determinato contesto. Diritti umani, di famiglia, laicità dello stato, libertà di espressione e, permettimi di dirlo, atteggiamento verso l’universo femminile sono macigni che ostacolano la coesistenza se su di essi non si discute chiaramente. Io non ho alcun desiderio che il paese in cui vivo torni al medioevo per favorire l’integrazione multiculturale. Questa è una cosa che ritengo veramente illogica e strumentale. Quanto a Borghezio e co. Ti chiedo da quanti anni senti qualcosa che sia meno di un discorso da mentecatti demagogici in Italia? Possibile che tu non ti accorga che questo infimo livello culturale e mentale sia diffuso ubiquitariamente in tutto “ l’arco costituzionale”? E’ esattamente da questa incredibile ignoranza di fondo da parte dei rappresentanti politici che nasce il deserto che abbiamo di fronte. La lega da questo punto di vista rappresenta una punta di diamante: la mia esperienza al nord mi ha insegnato che non erano solo i terroni che salivano per lavorare ad essere malvisti ma soprattutto quelli che avevano cultura e orgoglio di possederla. L’ignorante, quello vero, prova sempre invidia e sospetto verso chi sa, sui Blog è la medesima cosa. Tu dici il vero: l’ostilità territoriale verso lo straniero è un forza istintuale potente e una leva demagogica efficace per giustificare e argomentare a difesa di azioni e progetti osceni come quelli di Oslo. Ma la soluzione a mio parere non è quella di bruciare un libro di Oriana Fallaci , ma di leggerlo attentamente. Non è quella di dire che ci aspetta un mondo di pace e fratellanza mentre alcuni dei nostri fratelli ci ritengono dei debosciati infedeli da conquistare al nuovo credo.
Quello che tu scrivi nel post è di abissale protervia e sudditanza psicologica proprio nei confronti dei valori che in questi anni ti ho visto esaltare sul tuo blog: questa è esattamente la ragione per la quale taglierò i rapporti virtuali con te! Un uomo colto, sensibile, affinato da uno studio e una capacità di analisi profonda verso la grande musica europea degli ultimi quattro secoli, un uomo così non può sperare in una civiltà aliena che distruggerà ogni cosa di ciò che egli ama.
Tu imbrogli te stesso Marzio e questo per me è incomprensibile. Hai un blog fermo da tempo, ricco di spunti e di musica, pieno di commenti spesso sciocchi e ammiccanti: l’esempio perfetto di un salotto radical-chic di oggi. Ne pubblicizzo il link perché al di là delle mie valutazioni io so riconoscere cultura e civiltà. Per te ho qualche dubbio. La soluzione l’unica possibile è confrontarsi seriamente e senza sudditanze ognuno brandendo i libri che hanno fatto la nostra civiltà e la nostra storia, amandoli e studiandoli. Non mi risulta che l’intellighentia leghista ne abbia mai prodotto uno, lo stesso dicasi per certi ambienti della sinistra radicale, idem per quelli della destra europea. La realtà Marzio è che la tendenza a leggere solo una certa fetta di libri ( o di blog) e ritenere il resto merda secca da evitare è troppo forte per il genere umano; RECINTI che ci proteggono, questo è quello di cui sentiamo il bisogno, non è quello che ci salverà da nuove dittature mentali. Adieu.
sabato 15 ottobre 2016
lunedì 10 ottobre 2016
IL GIA' SCRITTO
Per tornare a scrivere è necessario, almeno per me, credere che il nuovo abbia un senso non solo per chi legge ma anche per chi scrive: io l’ho perso forse definitivamente e sopravvivo su questo e altri blog rieditando me stesso. Sono diventato insopportabile? A volte credo di sì , sento il peso di un trascinamento incomprensibile e lacerante. Ma esiste anche la coscienza di non aver detto abbastanza, non nel modo giusto, di non aver voluto per una malintesa forma di educazione virtuale attaccare una certa fauna che vive all’ombra della blogosfera. Non si tratta di un fatto meramente culturale bensì di una dimensione educativa che sfugge al controllo della cultura in senso stretto: è l’incapacità di ascoltare, la volgarità di sentirsi, senza merito alcuno, di varie spanne superiori all’altro. Lo dissi tempo fa, non legge più nessuno nemmeno chi con enorme sussiego afferma sul suo blog di essere un bibliofilo.
C’è una forma di cecità ideologica che impedisce la reale apertura sulle prospettive di scambio e condivisione che sembravano connaturate al mezzo blog; è esattamente questo che, personalmente, mi ha ucciso, il contatto continuo con persone cui è possibile solo concedere un falso apprezzamento stando ben attenti a non commettere nemmeno il più piccolo errore di battitura, a non mostrare mai le radici del proprio pensiero e della propria vita. I blog come diari virtuali ingessati dalla prepotenza altrui, la necessità assoluta di restare dentro i binari che altri hanno posato per far correre le nostre parole.
Di cosa dovrei scrivere oggi? Certamente di politica o di libertà di stampa. Di storia, di poesia… quale? Di una storia raccontata da sempre ad uso e consumo di una parte, di una poesia che invece di volare sopra si perde nei vicoli di una sintassi scontata? Di quale politica? Quella che ha perso tutti i punti di riferimento e perpetua se stessa nei modi e nei tempi di sempre? Quella che non usa il compromesso lecito ma sfrutta il potere di esserci nel modo più bieco? La libertà di stampa ad uso e consumo di una parte pronta, al momento opportuno, a rinnegare il ciclostile da cui è nata e negare, negare fino alla nausea tutto, parole, fatti, storia…persone? Pubblico il già scritto io, quello che scrissi quando ancora ci credevo; lo faccio perché mi piace vederlo sulle pagine di questo monitor, amo accarezzarlo nella speranza che una nuova musica o una nuova immagine si poggino finalmente sull’idea intima che solo io possiedo di ciò che ho composto. Non voglio aver più l’assillo di doverlo spiegare o difendere dalla barbarie di molti, ho chiuso alla possibilità di un “normale commento” ; la scrittura sta lì, per tutti anche per chi sente e vede solo ciò che è conforme alla sua natura. Non credo più ai commenti, non mi riconosco quasi mai in essi: a dirla tutta io non mi riconosco in nessuna delle cose che mi attorniano socialmente e virtualmente. Nutrivo una speranza, un desiderio, dieci anni fa pensai di poterlo finalmente esaudire, adesso quello che sogno è di poter tornare ad amare il sogno.
C’è una forma di cecità ideologica che impedisce la reale apertura sulle prospettive di scambio e condivisione che sembravano connaturate al mezzo blog; è esattamente questo che, personalmente, mi ha ucciso, il contatto continuo con persone cui è possibile solo concedere un falso apprezzamento stando ben attenti a non commettere nemmeno il più piccolo errore di battitura, a non mostrare mai le radici del proprio pensiero e della propria vita. I blog come diari virtuali ingessati dalla prepotenza altrui, la necessità assoluta di restare dentro i binari che altri hanno posato per far correre le nostre parole.
Di cosa dovrei scrivere oggi? Certamente di politica o di libertà di stampa. Di storia, di poesia… quale? Di una storia raccontata da sempre ad uso e consumo di una parte, di una poesia che invece di volare sopra si perde nei vicoli di una sintassi scontata? Di quale politica? Quella che ha perso tutti i punti di riferimento e perpetua se stessa nei modi e nei tempi di sempre? Quella che non usa il compromesso lecito ma sfrutta il potere di esserci nel modo più bieco? La libertà di stampa ad uso e consumo di una parte pronta, al momento opportuno, a rinnegare il ciclostile da cui è nata e negare, negare fino alla nausea tutto, parole, fatti, storia…persone? Pubblico il già scritto io, quello che scrissi quando ancora ci credevo; lo faccio perché mi piace vederlo sulle pagine di questo monitor, amo accarezzarlo nella speranza che una nuova musica o una nuova immagine si poggino finalmente sull’idea intima che solo io possiedo di ciò che ho composto. Non voglio aver più l’assillo di doverlo spiegare o difendere dalla barbarie di molti, ho chiuso alla possibilità di un “normale commento” ; la scrittura sta lì, per tutti anche per chi sente e vede solo ciò che è conforme alla sua natura. Non credo più ai commenti, non mi riconosco quasi mai in essi: a dirla tutta io non mi riconosco in nessuna delle cose che mi attorniano socialmente e virtualmente. Nutrivo una speranza, un desiderio, dieci anni fa pensai di poterlo finalmente esaudire, adesso quello che sogno è di poter tornare ad amare il sogno.
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